Intervista de Ilmiolibro.it


Riporto qui l’intervista de ilmiolibro.it pubblicata il 02/09/2014.

Quando hai iniziato a scrivere?
La capacità di immaginare storie, avventure, favole si può dire mi sia stata impiantata geneticamente da mio padre.
Con lui mi sono divertito a scrivere i miei primi racconti di dieci-venti pagine sul mitico Word 98. Intorno agli 11-12 anni invece ho scritto il mio primo “romanzetto”, se si può definire tale. Una favola sui pirati dei Caraibi, chiaramente ispirata alle avventure di Salgari. Ho sperimentato cosa significa scrivere con carta e penna, una sensazione unica se penso ancora all’odore che avevano le pagine dei quaderni una volta che li riempivo di parole. Alice Baldi, mia professoressa di Italiano alle scuole medie, correggeva il manoscritto durante le pause pranzo e un giorno mi ha addirittura costretto a leggere un capitolo davanti alla classe. Nonostante mi sia vergognato tantissimo, è grazie a lei e al suo entusiasmante incoraggiamento se fino ad oggi ho continuato ad alimentare la mia immaginazione scrivendo storie.

Cosa è cambiato da allora? Hai coltivato in qualche modo il tuo talento?
Durante il periodo del liceo ho dato una rotta decisiva alla mia passione. Arricchito dalle letture dei classici e dalla recente scoperta del mondo Fantasy, ho gettato le basi per la stesura di un vero romanzo da poter pubblicare, con una trama aperta e dei personaggi di spessore. Come era prevedibile, è allora che sono cominciati i problemi. Tutto ciò che scrivevo non mi piaceva e lo cancellavo, cambiavo idea sulla storia e quindi tornavo indietro a modificarla, mi bloccavo per qualche motivo e riprendevo dopo un po’ di tempo. La soluzione a tutto questo è stata quella di adottare alcuni accorgimenti: ho creato uno schema concettuale dell’intera trama così da permettermi di modificarla solo in minima parte; ho dedicato più tempo alla lettura di altri libri per trovare stimolo e ispirazione; ho ascoltando il parere e le critiche di amici e parenti, che meglio di me hanno saputo trovare errori e difetti da correggere. Per tutti questi motivi penso che il livello con cui sono partito a scrivere sia decisamente diverso da quello, per esempio, delle ultime pagine de Il cerchio di fuoco, un’esperienza di cui faccio tesoro per le opere future.

Quali scrittori ti hanno ispirato nel tuo percorso?
Escluso il già citato Salgari, sono stati diversi autori ad ispirare la mia immaginazione e al contempo ad influenzare il mio stile. In merito al genere di cui tratta il libro, mi limiterei ad elencare gli autori Fantasy. Partendo dal capostipite J.R.R. Tolkien e il suo colossale Signore degli anelli, fino ad arrivare all’italianissima Licia Troisi, citerei Terry Brooks, Weis & Hickmann e la loro fantastica saga di Dragonlance, Marion Zimmer Bradley, C.S. Lewis, e l’immancabile J.K. Rowling. Per inciso, penso che la saga di Harry Potter sia riuscita ad avvicinare i ragazzi della mia generazione alla lettura (io l’ho letto per la prima volta a 11 anni) meglio di quanto ci sia riuscito un qualsiasi altro romanzo classico.

Cosa significa per te il genere fantasy?
La critica italiana solitamente non apprezza molto questo genere, oppure lo considera alla strenua di favole e libri per ragazzi. In realtà per me significa molto di più. Raccontare storie ambientate in un mondo fantastico e personaggi non reali può essere un metodo efficace per rappresentare paradossalmente la realtà. Come erano i miti per i filosofi, il fantasy è uno strumento per trasmettere un messaggio. Nel Signore degli anelli esistono due livelli di lettura: le vicende della Terra di Mezzo non sono altro che una trasposizione fantastica degli eventi reali della Prima e Seconda Guerra Mondiale, vissuti sia da J.R.R. Tolkien stesso che da suo figlio. E non solo, l’epica tolkeniana raggruppa insieme una moltitudine di temi filosofici così ampia che rimane impossibile elencare in queste poche righe. Così ho inteso il fantasy per il mio romanzo. Nascosti dietro i sentimenti dei personaggi si celano drammi reali, le loro storie sono ambientate in un mondo che alla fine non è tanto diverso dal nostro.

Come è nata la storia de Il cerchio di fuoco?
Tutto è cominciato da una partita a Dungeons&Dragons, un gioco di ruolo fantasy da fare seduti ad un tavolino usando pochi dadi e tanta immaginazione. L’avventura da me creata ha suscitato fin da subito un gran entusiasmo nei giocatori, al tempo miei grandi amici, da qui l’idea di stilare una storia scritta. Il gioco di Dungeons&Dragons consiste principalmente nell’interpretare dei personaggi, inseriti in una cornice narrativa la cui trama è in continuo divenire. È grazie a questa esperienza che ho tratto ispirazione per i miei personaggi e per la loro caratterizzazione. In Alan, Brienwen, Jorek, Laer, c’è sia un po’ dei miei amici che di me stesso.

Hai altre storie da pubblicare nel cassetto, anche di altri generi?
Tantissime storie per la verità, e sì, anche di altri generi. Ma ho preso l’impegno di scrivere un seguito per Il cerchio di fuoco, una trilogia, per questo credo che rimarrò per molto tempo ancorato al genere fantasy.

Quanto è importante la lettura per uno scrittore?
Enormemente. I momenti di maggiore blocco che avuto durante la scrittura del libro sono stati proprio quelli in cui non avevo tempo per leggere. La lettura ispira e allo stesso tempo incoraggia uno scrittore, quindi la trovo indispensabile.

In Italia si legge poco. Sapresti darne una spiegazione o anche suggerire una soluzione?
L’intrusione prepotente che la tecnologia ha avuto in qualsiasi settore della nostra vita, dal lavoro all’istruzione, dallo svago all’intrattenimento, penso sia la principale causa di questo declino. Si perde tanto di quel tempo dietro a smartphone, computer e televisione da non essere più abituati a fare altro. Si può chiamare una grande “distrazione di massa”, il tempo libero viene colmato dal niente della tv e dei socialnetwork. Ho 23 anni e sono cosciente di essere inserito anche io in questo sistema, per altri aspetti anche molto vantaggioso, ma mi sforzo di non cadere in tentazione, di non passare ore davanti a Facebook senza fare niente e magare dare ossigeno al cervello uscendo fuori, leggendo qualche libro, o magari scrivendone uno nuovo.

Scrivere un libro può diventare secondo te un¿attività alla portata di tutti?
Ritengo che ognuno di noi abbia un talento sui cui potersi fondare. Magari c’è chi non sa scrivere bene, ma ha tanta immaginazione, e a questi dico per mia esperienza che senza entrambe non si può essere uno scrittore. Ma mentre l’abilità di saper scrivere si può coltivare e affinare, così come l’atleta si allena per diventare sempre più abile, l’immaginazione si ha o non si ha. Quindi sarei un bugiardo dicendo che tutti possono scrivere un libro. In concreto lo possono fare, ma la domanda è: quanti sono in grado di creare una storia?

Molti talenti e tanti ottimi libri di qualsiasi genere vengono scoperti grazie al self publishing. Puoi descrivere la tua esperienza?
Il self publishing ha significato per me una grande opportunità come mai me ne sono state offerte. Vedere il mio libro impaginato, registrato e disponibile sia online che in libreria è stata un’emozione unica che già basta per ricompensare il mio lavoro. Magari i costi, seppur contenuti, nel lungo termine potranno diventare insostenibili, ma fino ad allora rimane la speranza di essere letti, notati, recensiti e magari pubblicati da qualche editore, una possibilità che di certo non avresti facendo rimanere il tuo libro nel cassetto.

Pensi che un autore indipendente possa ritagliarsi nuovi spazi nel mercato editoriale?
Penso che l’offerta sia grande, ma grande è il mondo e tante le persone che tentano di spiccare il volo. Un autore indipendente non potrà mai rivaleggiare con la rete di informazione e di distribuzione che possiede una casa editrice, tuttavia in questo modo può riuscire a conquistarsi un piccolo spazio e ad assicurarsi un minimo di autonomia.

Gli ebook rappresentano una nuova opportunità per gli autori?
Il libro cartaceo ha sempre il suo fascino. Sfogliare un libro sentendo l’odore della carta stampata o camminare in una stanza ammobiliata con librerie ricolme di volumi, sono sensazioni insostituibili. Ma l’e-book rappresenta indubbiamente un vantaggio da diversi punti di vista: taglia i costi alla distribuzione, diminuisce l’impatto ambientale, e permette di tenere in mano più di quattrocento pagine e pesare pochi grammi. L’opportunità quindi c’è e ritengo non sia affatto male.